CONSIDERAZIONI PER UNA PROPOSTA RAGIONATA ED INTEGRATA PER IL NUOVO PRGC DI UDINE
1 INTRODUZIONE
Legambiente (LA) è da sempre presente nelle vicende ambientali della città, partecipando alle battaglie di maggior rilievo di questi anni (sulle discariche e la gestione dei rifiuti e le cave, in particolare) e ai dibattiti più vari su tutte le questioni che di volta in volta si propongono (mobilità, pedonalizzazione, politiche energetiche, uso del suolo e del territorio, tutela e promozione ambientale, ecc...), cercando sempre di coniugare questa presenza con la miglior partecipazione dei propri soci e dei cittadini e con la disseminazione dei contenuti di sostenibilità e compatibilità dello sviluppo nei propri seminari, dibattiti, convegni.
La predisposizione del nuovo PRGC, la vede, quindi, naturalmente chiamata in gioco e la sfida che LA vuole raccogliere è, dunque, intimamente legata alla sua storia e alle sue peculiarità di presenza e azione in città.
2 PREMESSA
Se ora LA esprime proposte e riflessioni sul nuovo PRGC è perché tale strumento, la cui durata e le cui scelte strategiche di oggi orienteranno e determineranno lo sviluppo della città per alcuni decenni, deve offrire al futuro della città strategie integrate, non solo urbanistiche e/o edilizie, in grado di contemperare interessi e bisogni diversi, rafforzando quelli deboli (tutela delle risorse naturali quali suolo, acqua ed aria, ma anche quelle sociali – servizi alla persona, sanità, scuola) e controllando quelli forti (sostanzialmente afferibili alla speculazione, non solo edilizia) per conseguire risultati di qualità e sostenibilità urbana talora mancanti anche nella nostra piccola Udine.
Pur consci che, a legislazione vigente, il PRG non è strumento strategico principe di governo della città e di tutte le componenti che concorrono ed interferiscono con la sua vita, tuttavia ad esso è affidato il compito fondamentale di disegnare l’uso dei suoli cioè, in buona sostanza, di definire come e quanto la città potrà espandersi o farsi nel tempo. Esso, quindi, dovrà affrontare ancora una volta la revisione dei vincoli e la non facile identificazione di strumenti (e, prima ancora, di scelte) per dare alla città gli spazi pubblici che le servono. In questo senso, quindi, il PRGC è lo strumento di riferimento delle politiche di sviluppo della città in quanto è ad esso che gli investitori guardano per le loro scelte, è con esso che si costruisce una città bella, attrattiva, socializzante, democratica, di qualità e ad esso, pur privo di cogenza nei confronti delle altre amministrazioni comunali confinanti, va riconosciuto di essere pensato anche con una visione ed una prospettiva sovracomunale.
E se ciò è vero, è anche vero che il Piano, quale strumento “tecnico” settoriale, composto di norme e disegni, deve essere integrato, accompagnato, affiancato da altri strumenti di settore (piano energetico, piano della mobilità, piano del verde e del blu, ecc…) e di partecipazione (carta delle associazioni e del volontariato) che possano dargli anima e qualità.
Ma il Piano, nella drammatica mancanza di fondi per acquisire aree e realizzare opere, rende il perseguimento delle strategie di cambiamento sostenibile estremamente fragile e facilmente oggetto di tecniche anche valide (come la perequazione e la compensazione), ma che di per sé non garantiscono contro il consumo ulteriore di territorio.
Serve dunque una forte visione integrata e coerente, che va oltre le possibilità tecniche del Piano, per garantire alla città un futuro sostenibile e dare gambe a strumenti innovativi di partecipazione e controllo sul divenire di tale strumento.
E’, dunque, con questo spirito integrato e con questo metodo di lavoro che LA ha voluto affrontare la sfida della propria partecipazione al processo di costruzione del Piano (nell’ambito dell’iniziativa “costruiamo il piano”, lanciata dal Comune), costituendo un apposito gruppo di lavoro sul PRGC e organizzando 4 incontri sul territorio, denominati “passeggiate urbanistiche” che hanno consentito ai propri soci e non ( in tutto una quarantina di persone) di discutere, andandoli a vedere, i problemi dei borghi, dei quartieri e del centro città, dei rifiuti e della mobilità proprio nel tentativo di dare, per e a questi ultimi in particolare, una chiave di lettura non solo di merito (come gestire i rifiuti; come organizzare una nuova mobilità), ma anche di metodo nel valutarne le ricadute più strettamente urbanistiche/localizzative (il nuovo impianto di trattamento FORSU, le nuove SEAP, la proposta ricicleria, le discariche, la pedonalizzazione, la nuova viabilità, l’eliminazione della tratta ferroviaria interna alla città, ecc...).
Per motivi di tempo, durante le passeggiate urbanistiche”, non è stato affrontato il tema dell’energia che, peraltro, LA ritiene strategico nella visione della città sostenibile futura, e di cui si parlerà in seguito.
Occorre ancora aggiungere che l’orizzonte complessivo di composizione e costruzione del Piano e, quindi, della città, è la SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE che significa costruire una città in grado di conservare e riprodurre le proprie risorse, materiali e qualitative, energetiche ed umane, anche nel lungo periodo in un contesto di concorrenza (in senso etimologico di “correre assieme”) e complementarietà con il sistema urbano udinese e regionale.
E’ chiaro, infatti, che ogni politica, ad esempio, di riduzione del consumo di suolo o di transizione dalle energie fossili a quelle rinnovabili non è pensabile al di fuori di una pianificazione di area vasta o di una politica energetica regionale (che oggi mancano) o che ogni politica di risparmio dell’acqua o di riduzione dei rifiuti, così come di riduzione dell’edificabile, non può essere pensata ed attuata al di fuori di politiche generali e di contesti comunque coordinati tra di loro.
3 LE FUNZIONI DELLE AREE URBANE
Ciò premesso, ricordiamo che le aree urbane svolgono molte funzioni assicurando disponibilità di alloggi, di posti di lavoro, accesso ai beni ed ai servizi, attività culturali e socializzazione; per favorire tali funzioni, la città dispone di elementi statici (edifici, infrastrutture, spazi verdi e blu, terreni coltivati ed incolti, ecc…) e di una serie di elementi dinamici (i trasporti, l’aria, l’acqua, l’energia, i rifiuti). Ciascuno di questi elementi e di queste funzioni ha un impatto ambientale che contribuisce all’impatto ambientale complessivo.
Tuttavia, finora, le diverse politiche competenti a gestire questi settori hanno spesso agito in maniera isolata e impermeabile.
L’obiettivo dello sviluppo sostenibile è, quindi, di ridurre i singoli impatti, assicurando nel contempo, una società sana ed equa, un sistema urbano ad alte prestazioni ambientali ed energetiche.
E’ necessario che a fronte del Piano Regolatore (il PRGC) che disegna la destinazione dell’uso dei suoli, vi sia una Pianificazione strategica del Sistema Urbano Udinese che individui e coordini scelte (sostenibilità) e strumenti (VAS) per tale area, oltre a realizzare piani di settore (energetico, della mobilità, dei rifiuti, di sviluppo rurale, di partecipazione sociale, ecc...) che integrino e realizzino quegli obiettivi e traguardi, la cui gestione deve trovare nell’amministrazione comunale la naturale cabina di regia.
Le scelte di gestione urbanistica ed ambientale devono essere al centro delle attività dell’amministrazione comunale (A.C.), che non può delegarle ad altri; ciò comporta, da una parte, l’organizzazione al proprio interno di competenze specifiche e il controllo strategico su tutte le società che gestiscono commodities e servizi e non la loro privatizzazione; e, dall’altra, la modifica dei processi decisionali, valorizzando la partecipazione del pubblico, il ruolo attivo dei cittadini, la trasparenza nell’assunzione delle decisioni, la responsabilità come regola di comportamento e il superamento dei confini territoriali per costruire, con i comuni dell’area udinese, del Tarcentino, del Cividalese e dell’area della sedia, un sistema di gestione urbanistico-ambientale condiviso.
4 STRUMENTI DI CONTROLLO E VERIFICA – LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA
Il processo di costruzione del Piano, avviato dal Comune speriamo anche in sintonia con alcuni comuni limitrofi, però, non potrà finire con l’adozione del Piano; sarebbe una grave contraddizione!!! La costruzione del Piano è continua nel tempo e ciò che oggi chiede una prospettiva (urbanistica) di sostenibilità è la capacità di avere strumenti e luoghi di verifica, misurazione e monitoraggio dei risultati man mano conseguiti (o non conseguiti) che consentano aggiustamenti di rotta, riprogrammazioni o tarature nel funzionamento del Piano (e delle relative politiche governate dagli altri piani di settore), in relazione con l’evoluzione dei processi, delle tecnologie e dei contesti storici.
LA ritiene essere fondamentale per il successo futuro del Piano e delle sue politiche urbanistiche, che vi sia una forte fase di lavoro preliminare nell’ambito della VAS già avviata e che tale lavoro porti alla precisa definizione di parametri (o indicatori) ambientali di riferimento per poter valutare, anche quantitativamente, il Piano nei suoi aspetti ambientali.
Serve quindi che da subito lo studio di VAS definisca espliciti criteri e parametri di sostenibilità ambientale misurabili, a partire dalla riduzione del consumo di suolo che, nel contesto attuale, LA ritiene essere la questione urbanistica prioritaria.
Occorrerà prendere in considerazione, a titolo esemplificativo, il consumo di suolo, il consumo di energia fossile e la sua riduzione, l’aumento della produzione di energie rinnovabili, realizzando appositi catasti, il controllo delle emissioni di gas serra, il consumo e il trattamento di acqua, la gestione dei rifiuti al fine di una loro riduzione, il rumore, la qualità dell’aria, la natura (e i suoi ridotti lacerti urbani) e la biodiversità, i trasporti e la mobilità, la sostenibilità energetica dell’edificato, la salute, l’assistenza agli anziani, la cultura, la qualità della vita.
Questo è un aspetto che LA chiede con forza perché è l’unico in grado di assicurare quella visione integrata di lungo periodo che la logica di breve termine della durata delle tornate amministrativa tende, invece, a deprimere.
A questo proposito, come obiettivo di “best practice” appare ineludibile completare la certificazione EMAS di sostenibilità ambientale per tutta l’A.C., come concreto impegno della volontà di perseguire obiettivi di qualità e di gestione integrata delle politiche settoriali.
5 LE QUESTIONI SETTORIALI
5.1 L’EDIFICAZIONE E IL RISPARMIO DI SUOLO
Tema di assoluto rilievo nel dibattito nazionale e locale in materia di urbanistica è quello del risparmio di suolo! Il suolo è una risorsa NON RINNOVABILE; se pensiamo al suolo non come ad una semplice superficie, ma (come dovrebbe essere) come a quella porzione del terreno (o del territorio, con termine meno corretto) deputata alla crescita e riproduzione dei vegetali e alla vita di infinite aggregazioni animali, quindi come a quella porzione in cui convergono processi naturali di alterazione dei minerali e di mineralizzazione e accumulo della sostanza organica, allora dobbiamo considerare che i suoli sono il frutto di processi evolutivi lentissimi (in particolare, nelle condizioni eco-pedologiche della media pianura udinese) e, quindi, praticamente non rinnovabili.
Se il consumo di suolo a Udine è pari allo 0,6% annuo del totale della superficie comunale, come dichiarato dal Comune, e se il territorio agricolo e naturale è pari al 47,8%, allora significa che restano solo pochi decenni per saturare tutta la disponibilità residua del territorio comunale. E’ chiaro che deve suonare un campanello d’allarme!
Questa situazione si pone come LA priorità assoluta affidata al nuovo PRGC. E non ingiustificatamente, l’A.C. la indica fra i problemi da affrontare, e rispetto al quale essa dovrà trarne le necessarie conseguenze sul piano delle scelte.
Innanzitutto, occorre superare l’idea, intrinseca alla cultura urbanistica e, soprattutto, alla cultura (?) degli investitori edili (e spesso anche dei cittadini proprietari), che il terreno agricolo sia un terreno edificabile solo temporaneamente destinato ad altro uso! Il terreno agricolo serve, invece, ad attività economiche (come quelle agricole) di rilievo e pregio, irrinunciabili proprio in prossimità delle aree urbane e va tutelato in quanto tale; occorre quindi dire un chiaro no all’ulteriore consumo a fini edilizi dei terreni agricoli!
In questo quadro, occorre darsi un obiettivo strategico generale di soglia insuperabile, una sorta di dead line, nel consumo di suolo. A titolo d’esempio, porre il limite del 50% potrebbe essere una traguardo realistico ed auspicabile, stante la situazione di partenza, da verificare in relazione al prevedibile aumento (o diminuzione) demografico ed all’ulteriore insediabilità prevista dal Piano vigente.
A questo proposito vanno confrontati due dati significativi che forse ci possono dimostrare come tale soglia potrebbe essere, purtroppo, già superata e di come sia urgente trovare strategie di uscita concrete:
· dal ’97 al ’07, in città si è edificato per 14.000 abitanti teorici a fronte di un incremento demografico di soli 1.600 abitanti, verosimilmente tutti immigrati, categoria che, fra l’altro, ha poco accesso al nuovo costruito;
· le previsioni attuali di Piano prevedono una città dimensionata per 125.000 abitanti il che vuol dire che c’è una previsione di ulteriore consumo di suolo stimabile sull’ordine del 5% del territorio comunale.
E’ questo ciò che vogliamo?
E’ per questo che LA propone la definizione di un Piano di Sviluppo Rurale urbano, traguardato al prossimo periodo di programmazione comunitaria 2014-2021, che disegni le linee di un nuovo rapporto campagna-città e crei nuove opportunità per il comparto agricolo-zootecnico udinese (forte di oltre 330 aziende, seppure in lenta, costante discesa), istituendo mercati km 0, linee preferenziali di finanziamenti comunitari (in collegamento con il PSR regionale); premi per la conversione biologica; fattorie didattiche, ecc...
In secondo luogo, in relazione al prevedibile sviluppo (o inviluppo) demografico, Udine deve calibrare le scelte di offerta di residenza e servizi; in una città che sostanzialmente non cresce (e non crescerà), occorre pensare prioritariamente a concrete scelte di:
riuso delle aree dismesse: non è detto che tutte debbano essere riutilizzate con i volumi attuali; per esse può anche essere deciso un ritorno ad un ruolo naturale o comunque ad un utilizzo di non insediabilità; a titolo d’esempio, tale scelta potrebbe essere immaginata da subito per l’area della ex Birreria Dormisch, così come per la caserma Cavarzerani e per le stesse aree ex SAFAU;
non edificabilità: per le zone dove attualmente è prevista un’espansione insediativa (sia essa residenziale, industriale o commerciale), serve procedere ad una verifica della loro validità in relazione all’atteso sviluppo demografico: se per le esigenze attuali esse non servissero più, vanno riportate alla non edificabilità; operazione politicamente non facile, in quanto andrebbe ad intaccare interessi consolidati, ma tecnicamente possibile con una Variante generale che interpreti adeguatamente la sostenibilità del territorio cittadino;
densificazione degli insediamenti esistenti o nuovi (co-housing, aumento delle volumetrie, utilizzo prioritario delle frange non edificate, ecc…) che potrebbe diventare un’opportunità per favorire il minor consumo di energia e un maggior utilizzo del trasporto pubblico.
compensazione ecologica, per cui ogni intervento di trasformazione del suolo deve garantire, ad onere dell’operatore, la contestuale rinaturalizzazione di adeguate superfici di suolo, contribuendo alla costruzione di natura e al mantenimento/miglioramento della qualità ambientale complessiva.
non impermeabilizzazione dei suoli e delle pertinenze edilizie onde favorire il deflusso e la penetrazione delle acque meteoriche, conservare la capacità di assorbimento del territorio, controllare i tempi di corrivazione e limitare i rischi idrogeologici.
Occorre quindi la capacità di individuare in modo preciso le aree che non dovranno più essere edificate, a partire da quelle interne alle aree dismesse o dismettibili o prevedibilmente non edificabili, in modo da poter restituire a verde ampie porzioni di territori urbano da destinare alla forestazione urbana, al sistema urbano del verde, alla creazione di corridoi ecologici, al sistema della biodiversità; occorre praticare saggiamente la differenziazione degli oneri urbanistici per le ristrutturazioni in centro e per favorire al massimo la riqualificazione energetica; incentivare la compattazione degli interventi di ristrutturazione al fine di ridurne i costi; perseguire il riuso a fini non solo residenziali dei siti militari ed industriali dismessi.
Le ristrutturazioni e le nuove edificazioni dovranno essere autorizzate solo se proposte con criteri di edilizia sostenibile, quindi con tecniche costruttive che massimizzino il risparmio energetico, tali da rendere effettiva e misurabile l’energia risparmiata. Infatti, edifici energeticamente efficienti e sostenibili riducono sensibilmente il consumo energetico per la climatizzazione invernale, ma anche e soprattutto estiva e riducono le emissioni in atmosfera, riducono il consumo di risorse in tutto il loro ciclo di vita (costruzione, gestione, demolizione e smaltimento) e concorrono al risparmio di suolo in quanto sostituiscono la nuova edificazione.
A questo proposito, LA propone di considerare le opportunità date dal recente Piano casa vincolandole ad una vasta operazione di riqualificazione energetica di quegli edifici che vogliono accedere all’aumento di volumetria potenziale, vogliano trasformare tale diritto in misure energetiche.
Va comunque resa obbligatoria da subito l’installazione integrata dei pannelli solari termici e fotovoltaici sui tetti delle nuove edificazioni, comprese quelle pubbliche, approvando un regolamento per gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, analogamente a quanto già fatto dalla Provincia di Bolzano.
5.2 IL SISTEMA DEL VERDE E DEL BLU URBANO
Udine è città storicamente povera di spazi verdi. Se si calcola la superficie delle aree effettivamente fruibili dalla popolazione (aree verdi attrezzate, parchi comunali, giardini storici) la loro superficie (120 ha) è di poco maggiore ad ¼ del totale delle cosiddette aree verdi (398 ha) ove vengono ricompresi banchine stradali, fossi, marciapiedi, spartitraffico, arre degradate, scuole, ecc... E’ bene chiarire che il verde pubblico deve qualificarsi per un valore di fruibilità e non come mera superficie (non sempre) fotosintetizzante.
Questa bassa performance è confermata dal Rapporto “Ecosistema urbano” di Legambiente 2010 che assegna il 30° posto a Udine nella classifica finale tra tutte le città italiane, ma solo il 41° per superficie di verde urbano fruibile (11.15 mq/ab). Questo significa che occorre imprimere un’accelerazione non tanto all’aumento delle aree verdi (oggi, peraltro, significativamente inferiori, nel totale, alle aree edificabili (432 ha! (Annuario statistico 2007 Comune di Udine), quanto alla loro qualificazione o fruibilità.
Il nuovo PRG dovrà dare un impulso in tal senso a partire da una concreta realizzazione del Parco del Torre dando avvio ad una prima, significativa realizzazione del Parco del Torre, anche ricorrendo a forme incentivanti la realizzazione di parchi privati a fruizione pubblica nelle aree già destinate a cava o a discarica. A tal proposito, il Piano deve non solo confermare tutte le normative e disposizioni per tale sito (con l’eliminazione della previsione di ripristino della cava “di là de Tor” con inerti – v. 5.5), ma avviare con adeguati finanziamenti, un programma di ricostituzione e ripristini ambientali per fare del Torre uno spazio naturale in grado di rispondere alla domanda di ricreazione e sport en plein air.
Contemporaneamente, si dovrà dare attuazione ai progetti, già definiti e disponibili in via preliminare, per il Parco del Cormor, inglobando in esso anche parte dell’area militare, ricca di grandi alberate, che oggi lo divide in due tronconi separati e, soprattutto, disegnare quel sistema del verde in grado di definire le connessioni tra queste due principali aree verdi naturali della città e il contesto urbano.
Nel complesso, vanno confermate le destinazioni a verde già individuate dal PRG vigente, mentre nelle aree dismesse (caserme e siti industriali e ferroviari) vanno individuati indici di verde che consentano la progettazione e realizzazione di nuovi parchi urbani.
Ovviamente, una pianificazione strategica del verde urbano non può prescindere da una progettazione, anche di dettaglio, volta a qualificare in termini di biodiversità e valorizzazione delle specie autoctone, il verde esistente in un disegno di sistema urbano del verde che costruisca continuità fra le strutture vegetali (parchi, giardini, corridoi ecologici, filari, alberate, aree erbose) ed un alternarsi di ecotoni e microambienti paranaturali con l’edificato e le strutture (strade, piazze, ecc...).
LA chiede che vengano indicate in piano tutte le alberature storiche e che si stabiliscano le norme per il loro recupero (ove necessario) e per il loro mantenimento.
Analogamente, dovrà essere predisposto uno specifico progetto di valorizzazione dei corpi idrici superficiali (rogge, e roielli) e sotterranei (falde) cittadini e di tutela delle acque. In particolare, il sistema storico delle rogge appare in grado di elevare molto la qualità percepita urbana per la prerogativa che ha l’acqua fluente di impreziosire il contorno e di essere elemento attrattivo e rigenerante; a maggior ragione in una città come Udine che non gode di acque superficiali naturali come Treviso, Pordenone, Gorizia o Villaco.
LA chiede che il PRGC individui il perimetro delle aree da salvaguardare adiacenti le rogge (oggetto di un apposito piano particolareggiato) su tutto il territorio comunale, per una fascia di almeno 50 metri. In questa fascia vanno individuati tutti gli edifici che si ritiene concorrano a definire il paesaggio, facciano parte strutturale di esso e sui quali, come tali, si possano fare soltanto interventi di restauro e risanamento conservativo. Sugli altri, sia posto il vincolo del congelamento delle attuali altezze (oppure, in caso di ristrutturazione o abbattimento e ricostruzione, anche di un minimo aumento al fine del rispetto degli standard edilizi legati all’abitabilità).
Inoltre, un piano per la acque dovrà definire le regole per la non impermeabilizzazione dei suoli e per l’incentivazione al ripristino di condizioni di permeabilità ed assorbenza che migliorino nel complesso, la funzionalità idraulica del territorio comunale.
Per conseguire tali obiettivi settoriali, Udine dovrà dotarsi di un Piano-programma di conferma ed ampliamento del verde e del blu urbani o Piano della biodiversità urbana che raggiunga standard di qualità e fruibilità europei, identificando gli elementi di pregio ambientale da tutelare quali rogge, e le rispettive aree di rispetto, canali, prati stabili, boschetti, alberate storiche e monumentali, strade interpoderali in un dialogo aperto anche con gli ambiti di proprietà privata (giardini, parchi, campi, ecc...).
5.3 UNA MOBILITA’ SOSTENIBILE CHE RIDUCA LO STRAPOTERE DEL MEZZO PRIVATO
In sintonia con la Direttiva europea 2008/28/CEE del 23.04.2009 sulla promozione dell’energia da fonti rinnovabili e di una riduzione dei consumi di carburanti, anche Udine è avviata a fare la sua parte.
Il Piano della Mobilità ed il Piano del Traffico ci diranno quali scelte occorre fare nel futuro; ma stante l’obiettivo della direttiva citata che indica nel 10% la quota di carburanti rinnovabili da utilizzare per autotrazione nel 2020, occorre impostare da subito un programma che punti a questo obiettivo.
Si dirà che questa politica non spetta al Comune: in parte è vero, ma è prassi ricorrente che tutte le “best practices” originate da direttive comunitarie trovino proprio negli enti locali, e nelle città in particolare, gli attuatori privilegiati in virtù del loro forte rapporto con il territorio.
Peraltro, Udine ha una densità di veicoli circolanti x 100 abitanti stabilmente alta (64 auto/100 ab), fra le più alte d’Italia (Ecosistema urbano 2005 e 2009 Legambiente), il che significa che, tolti i minorenni e gli ultraottantenni che, presumibilmente, non possiedono un’auto, vi è una media di 1,18 abitanti/auto: un valore molto alto che trova, peraltro, riscontro proprio nel basso indice di mobilità alternativa (piedi, bici e autobus) dei cittadini (non solo udinesi) che usano la città; il traffico nelle ore di punta è ormai una norma e l’occupazione di spazio pubblico da parte delle auto (sempre più grandi) è crescente.
Ciò a cui occorre puntare, dunque, è una strategia urbanistica, di organizzazione e distribuzione dei servizi, che punti a ridurre l’uso del mezzo privato e dia spazio alla mobilità ciclabile e pubblica (TPL). Ciò comporta coraggiose scelte che vadano oltre le pur positive esperienze delle zone a 30 km/h (che il nuovo Piano può e deve ampliare) e di “byke sharing".
Non va incentivata la pianificazione/costruzione di nuove strade né di nuovi parcheggi sotterranei se non a fronte di una rigorosa sostituzione della sosta a raso (neppure in p.za I° Maggio) e occorre lavorare per una nuova struttura reticolare del TPL e non più radiale, che si rarefa nella periferia, proprio là dove è concentrata la maggior parte della residenza, cioè della potenziale clientela.
In particolare occorre recuperare al TPL, con apposite scelte tariffarie, offerta di linee e campagne informative, quote di utenza a partire da quel 30% (stima SAF) di persone sensibili e disposte a cambiare il proprio modo di muoversi.
Occorre allargare la rete della viabilità ciclo-pedonale, migliorando la connettività e la capillarità, garantendo sicurezza e velocità relativa. Occorre, infine, credere nell’efficacia di servizi integrati ferro-gomma e gomma-gomma, lavorando non solo sulle connessioni orarie, ma anche su sistemi incentivanti e premiali da parte dei grandi utenti (Comune, Regione, Università, Ospedale), verso i propri dipendenti per stimolarli all’uso del mezzo pubblico.
A tal fine occorre far rivivere il progetto di STU nell’area del demanio ferroviario quale nodo intermodale della mobilità d’area vasta. Va comunque individuata la sede per una nuova stazione delle autocorriere, essendo necessario abbandonare quella attuale.
Pertanto, sul tema della mobilità LA ritiene che il Piano (nella sua integrazione con quelli di settore) debba darsi obiettivi ambiziosi in tema di mobilità, essendo questo uno dei temi focali per disegnare una nuova città (riduzione dei movimenti/pro capite; trasferimento di mobilità da quella privata a quella pubblica e da quella che consuma energia fossile a quella mossa da energia rinnovabile o a costo 0).
Da questo punto di vista, LA propone che il Piano effettui una verifica dell’adeguatezza della viabilità esistente (e dei servizi alla stessa) o di quella prevista; in pratica, occorre verificare quali strade e di che tipo,quali parcheggi, quali piste ciclabili e quali corsie per autobus o tram (?) occorre prevedere; in questo processo di verifica delle strutture della mobilità (strade, corsie preferenziali, piste) va ripresa nel nuovo Piano, l’idea delle Zone Residenziali a 30 km/h, delineandole, però, anche nella loro organizzazione urbanistica.
Occorre rilanciare in modo convinto il tema della ciclabilità sia per quanto riguarda nuove previsioni, sia per quanto attiene alla verifica della rimozione degli elementi urbanistici ostativi ai completamenti necessari.
5.4 TANTA BUONA, NUOVA ENERGIA: DAL DIRE AL FARE
La questione energetica è cruciale per una città moderna! Il contesto europeo affermatosi in questi anni, da ultimo con la Direttiva 2009/28/CE, conferma il ruolo fondamentale assegnato alle città per il conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico (-20%), di sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili (-20%), di miglioramento dell’efficienza (+20%) e di riduzione dei carburanti fossili (-10%).
Dal riscaldamento al raffrescamento, dall’abitare ai consumi elettrici si offrono infiniti campi dove la politica locale di gestione dell’energia può farsi creando benessere, lavoro, qualità della vita, ricerca, sviluppo, investimenti.
E in questo campo occorre avere idee chiare e obiettivi precisi perché le scelte e le realizzazioni di altre città europee ed italiane rischiano di lasciarci al palo se non cogliamo la sfida energetica come LA SFIDA del futuro.
Udine, con il suo nuovo PRG, deve cogliere questa sfida non solo perché essa qualificherà il futuro, ma anche perché essa è a portata di mano e facilmente affrontabile. Conoscenze tecniche e pratiche tecnologiche a disposizione di tutti, non danno più alibi a nessuno per non fare ciò che è da subito possibile!
Probabilmente gli strumenti del Piano, intesi in senso stretto, in questa materia non sono significativi; l’individuazione di aree D in cui inserire anche possibili centrali a biomasse può essere importante, ma non decisiva.
In realtà, occorrerà lavorare sul regolamento edilizio, o su un nuovo strumento regolamentare, a partire da quello ottimo già oggi in vigore per la certificazione energetica degli edifici, per affrontare tutta la materia energetica per puntare su impianti piccoli e medi (fino a 500-1000 kWt ) diffusi. Innanzitutto occorre confermare l’obbligo per le nuove costruzioni di adeguarsi ai parametri di contenimento energetico più rigorosi secondo i protocolli Casa Clima o altri: la bioedilizia, le case passive, le costruzioni a basso impatto energetico devono essere il punto di caduta della politica edilizia da definire nel nuovo regolamento edilizio. Ogni nuova costruzione, sia residenziale che di servizio, pubblica o privata, dovrà avere l’obbligo di installazione di sistemi integrati di produzione/risparmio energetico quali caldaie a condensazione, a biomasse o geotermiche con pannelli solari e fotovoltaici; minireti di teleriscaldamento dovranno essere progettate per servire condomini, gruppi di edifici, quartieri. L’approvazione di Piani particolareggiati di recupero di iniziativa privata sarà sottomessa all’installazione di sistemi centralizzati a energie rinnovabili per ridurre gli sprechi e aumentare l’efficienza energetica.
E’ possibile utilizzare l’abbondante biomassa legnosa recuperabile dalle potature delle alberature pubbliche per riscaldare le scuole comunali (su questo si può fare un piano previsionale) ed è realistico immaginare la produzione di biometano dalla fermentazione anaerobica dei rifiuti organici per destinarlo alla trazione della flotta del TPL cittadino; un progetto di questo genere meriterebbe tutta l’attenzione da parte dell’A.C. e consentirebbe di riorganizzare l’impianto di smaltimento rifiuti di v. Gonars per una finalità originale in Italia e all’avanguardia in Europa, ricorrendo a tecnologie già consolidate di generazione e purificazione del metano.
Un patto territoriale per l’uso della biomassa legnosa con le aree del Tarcentino e del Cividalese (aree di riferimento della macro area urbana udinese), consentirebbe poi lo sviluppo di un mercato locale del cippato e del pellet oltre che la realizzazione di reti di teleriscaldamento con grande vantaggio per la riduzione dell’uso di combustibili fossili e, quindi, per il raggiungimento di quegli obiettivi strategici su cui l’A.C. si è impegnata con il Patto dei Sindaci.
Oggi la nostra città non dimostra performances energetiche particolarmente positive: al 50° posto per i consumi elettrici domestici e all’80° per i consumi di carburante (v. Ecosistema urbano 2010 – Legambiente), non qualificano gli udinesi tra i più virtuosi a livello nazionale.
Un contributo dell’A.C. per migliorare tale situazione può essere pensato, come già suggerito, a livello della regolamentazione urbanistica o della pianificazione pubblica, chiamando in gioco l’AMGA SpA quale soggetto qualificato per condurre politiche performanti in questo strategico settore.
Edifici energeticamente efficienti e sostenibili riducono sensibilmente il consumo energetico, (climatizzazione invernale, ma anche e soprattutto estiva), riducono emissioni in atmosfera, riducono il consumo di risorse in tutto il loro ciclo di vita (costruzione, gestione, demolizione e smaltimento) ecc...
E’ urgente superare gli atteggiamenti di titubanza ed attendismo che oggi rischiano di essere di colpevole ignavia, e avviare da subito una concreta politica di sostituzione-risparmio-efficientizzazione che passi attraverso una regolamentazione specifica (dove e come installare impianti FTV e solari, centrali a biomassa e geotermiche), incentivi fiscali e finanziari, una condivisa politica con gli enti sovra comunali.
Per rendere credibile l’’obiettivo di riduzione del 20% dei consumi termici entro il 2020, occorre quindi affrontare in appositi tavoli con le associazioni di categoria, le imprese dell’innovazione energetica e l’Università, il tema della riqualificazione energetica dell’enorme patrimonio pubblico e di condomini che costituiscono l’ossatura della città.
In questo settore LA chiede un impegno specifico per la realizzazione di un impianto di produzione di biogas (biometano) da rifiuti organici e la predisposizione urgente di regole edilizie per il contenimento dei consumi energetici degli edifici oltre ad un regolamento sul dove e come installare impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.
5.5 RIFIUTI: DAL RICICLO, AL RIUSO, ALLA RIDUZIONE
Per quanto la produzione assoluta di rifiuti pro capite/anno stia lentamente diminuendo, ciononostante il problema resta rilevante nell’ottica del contenimento dell’impatto ambientale e dei costi energetici.
Dal punto di vista urbanistico il nuovo PRG deve affermare l’impegno a non prevedere nuove discariche se non in un quadro di confronto con altre opzioni territoriali, compresa l’opzione 0. In ogni caso, dovrebbe trattarsi solo di discarica pubblica per RSU trattati e ciò nell’ottica di un incremento della raccolta differenziata al 70%.
Per quanto riguarda l’area “storica” delle discariche udinesi (area T. Torre), LA chiede con forza l’eliminazione della previsione di ripristino della cava “di là de Tor” con inerti e la non apertura di nuove discariche che prescinda da una valutazione complessiva, a livello territoriale, di altre possibili opzioni localizzative.
LA sostiene l’espansione della differenziata con il sistema “porta a porta” in quanto unico in grado di assicurare un aumento significativo della quota di differenziazione e chiede la previsione urbanistica di un’area dedicata a RICICLERIA dove sia possibile conferire materiali e oggetti riusabili di cui ci si voglia disfare, per metterli a disposizione di altri soggetti che intendono riusarli. E’ inoltre urgente assicurare l’apertura anche della SEAP di v. Rizzolo 7 giorni su 7 per migliorare il recupero degli ingombranti.
Forte deve essere il ruolo di NET per campagne di informazione sulla differenziazione e sul riuso, pur coscienti del fatto che la frontiera per il futuro resta la riduzione alla fonte della produzione di rifiuti.
Occorre porre mano in modo urgente alla definizione di un soggetto unico gestore dei rifiuti a livello provinciale con cui avviare un disegno di riqualificazione, fra le altre cose, dell’impianto di v. Gonars ormai vecchio e superato nella sua concezione tipologica.
Come accennato nel paragrafo 5.4, occorre pensare a v. Gonars ad un impianto che produca biometano da autotrazione finalizzato alla flotta del TPL urbano e/o alla vendita o alla messa in rete. Su questa ipotesi è possibile suscitare collaborazioni con l’Università e con primari istituti di ricerca nazionali e ricercare adeguati finanziamenti comunitari.
5.6 SALUTE, PARTECIPAZIONE E SICUREZZA
Non deve apparire strana l’idea di affiancare allo strumento di piano, l’idea di strumenti relativi alla salute, alla partecipazione ed alla sicurezza dei cittadini. In ultima analisi, la pianificazione urbanistica e le norme edilizie nascono proprio da esigenze di igiene e di salute generale dei cittadini. Ad esempio, il tema delle aree verdi e della possibilità di muoversi a piedi o in bicicletta è parte importante della lotta all’obesità, così come la questione della qualità dell’aria, e quindi della possibilità di vivere senza usare troppo l’automobile o riducendo i consumi di combustibili per riscaldamento, è un momento importante per la prevenzione di molte malattie respiratorie ed allergiche; analogamente, come già detto al punto 5.1, è estremamente importante la qualità dell’alimentazione ai fini della salute dei cittadini; da questo punto di vista, il piano potrebbe avviare un ragionamento anche di pianificazione del sistema agricolo di Udine e dell’hinterland, proponendo un modello di organizzazione aziendale (e relative norme urbanistiche che lo permettano) legato alle produzioni di qualità (tipica, biologica, biodinamica, ecc...), favorendo quindi la nascita e la trasformazione di aziende, e delle strutture agricole, che operano in questa direzione.
Ne discende il tema della sicurezza intrinseca del “sistema città”, di quella sicurezza, cioè, legata ai modi ed ai contenuti dell’organizzazione urbana. Se i cittadini vogliono vivere la città come una cosa loro, allora devono avere strumenti che gli consentano di prendersi cura della città, del loro quartiere, della loro strada, del loro contesto di vita, senza aspettarsi che lo facciano sempre e solo le istituzioni.
Il co-housing e l’autocostruzione, per esempio, così come la piccola gestione e manutenzione del verde pubblico, la cura di orti urbani (che vanno esplicitamente individuati nel PRGC, facendo tesoro della positiva esperienza avviata a Beivars) o degli spazi sportivi sono esperienze collettive da promuovere sia per gli aspetti economici degli interventi, sia per il potere di identificazione, partecipazione e socializzazione per le persone.
Se da una parte la valorizzazione del tessuto insediativo esistente rafforza l'identità dei quartieri, dall’altra ribaltare la logica del “spetta al Comune prendersi cura di tutto”, per consegnare anche ai cittadini parti della costruzione e garanzia della propria ed altrui sicurezza, rende sicuramente più sicura la città stessa. Per quanto riguarda la partecipazione, la recente proposta di LA dei “Custodi del Territorio” non rappresenta solo una valorizzazione ambientale, ma anche un’iniziativa di responsabilità nella gestione del proprio territorio e comunità. Conoscere il proprio territorio, attraverso la sua analisi e lettura, stimola di per sé la ricerca di soluzioni per il suo miglioramento, manutenzione e conservazione.
Analogamente, altre forme di partecipazione dal basso contro l’isolamento sociale della/nella città e dei/nei paesi dormitorio dell’hinterland possono essere identificate e sviluppate, sostenendo l’organizzazione di volontariato, associazionismo, protezione civile, forme spontanee di autorganizzazione.
In sostanza, porsi il problema di una città in cui i servizi pubblici non solo vengono erogati, ma possono anche autorganizzarsi dal basso, può indicare anche un diverso modo di pensare e, quindi, progettare parti della città stessa.
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